FALSO IN DOCUMENTI

lA falsita’ in atti.

Falsità materiale.

Quando si parla di falsità in atti, bisogna fare una prima distinzione tra falso materiale (di cui ci occupiamo nell’immediato) e falso ideologico.

  Si ha falso materiale quando un documento è stato oggetto di:

contraffazione: cioè il documento è stato posto in essere da persona diversa da quella che appare esserne l’autore;

alterazione: cioè al documento, redatto da chi ne appare autore, sono state apportate posteriormente alla sua redazione modifiche di qualsiasi genere da parte di altro soggetto non legittimato.

Il falso materiale, escludendo la genuinità del documento, può dunque riguardare:

— l’autore;

— la data;

— il luogo di formazione;

— il contenuto.

Ai fini della punibilità, la giurisprudenza per individuare agevolmente il falso materiale lo ha identificato con la condotta che compromette la genuinità di un documento e quindi Integra il delitto di falsità materiale in scrittura privata la modificazione di una realtà documentale preesistente rispetto a quella che l’autore del falso fa apparire. (Cass. pen., sez. II, 27 giugno 2012, n. 28076). Come sopra anticipato, essa può manifestarsi sia nella forma della contraffazione che in quella di alterazione. Tale distinzione concettuale ha un rilievo eminentemente pratico e descrittivo, posto che le falsità materiali, se penalmente rilevanti, sono sempre punibili.

Falsità ideologica

Si ha, invece, falso ideologico quando il documento, non contraffatto né alterato, contiene dichiarazioni menzognere: è lo stesso autore del documento ad attestare fatti non rispondenti al vero (es.: attestazione della presenza di testimoni non presenti). Il falso ideologico si risolve dunque in una falsità in attestazione, la quale non è limitata all’ipotesi di attestazione del pubblico ufficiale che un fatto è avvenuto in sua presenza,  ma certificazione di fatti o atti nel momento in cui avvengono o si compiono.

La dottrina più recente ha proposto un diverso criterio distintivo, configurando il falso materiale nel caso in cui il documento sia stato emesso da soggetto non legittimato, ed il falso ideologico nel caso in cui sia stato emesso da soggetto legittimato, che tuttavia abbia disatteso l’obbligo di attestare cose conformi il vero.

La falsità ideologica attiene dunque al contenuto (e non alla forma) del documento e consiste in quella condotta tesa a redigere un documento, che è genuino e proviene realmente da chi appare esserne l’autore, ma il cui contenuto non corrisponde al vero (cfr. Cass. pen., sez. II, n. 28076/2012. La Suprema Corte ha avuto occasione anche di specificare che dev’essere escluso il concorso formale tra falso materiale e falso ideologico, “atteso che, trattandosi di un atto alterato o contraffatto, è irrilevante che lo stesso sia veridico o meno” (così Cass. pen., sez. V, n. 12400/2015).

Ai fini della punibilità:

— le falsità materiali, se giuridicamente rilevanti, sono sempre punibili;

le falsità ideologiche sono punibili se l’autore del falso ha disatteso l’obbligo giuridico di attestare il vero.

Falsità documentali

Le falsità documentali interessano gli atti pubblici o scritture private (comprese anche quelle inserite in  un programma informatico), contenente esposizione di dati, fatti o dichiarazioni di volontà, diretto ad una persona determinata. La dottrina prevalente è orientata a non qualificare come documenti gli scritti assolutamente nulli o inesistenti, non essendo in grado di produrre effetti giuridici, al contrario degli atti annullabili.

Da quanto accennato, va da sé che si può parlare di documento solo in caso di forma scritta (intendendosi non solo i segni alfabetici, ma anche quelli numerici, stenografici, criptografici, ecc., purché idonei ad esprimere un pensiero) anche se esistono mezzi di rappresentazione del pensiero umano efficaci quanto la scrittura (basti pensare alla fotografia, alla cinematografia o alla videoregistrazione).

Affinché si possa parlare di “documento”, è necessaria poi la riconoscibilità dell’autore cioè del soggetto, pubblico o privato dal quale lo scritto proviene, non costituendo documento lo scritto anonimo.

In genere, la sottoscrizione, cioè l’apposizione della firma in calce allo scritto consente di individuare il soggetto che l’ha apposta. E’ valida la firma illeggibile, la sigla o altri segni abbreviativi, se preceduti dalla qualifica del soggetto.

Atti pubblici e scritture private

Quando si affronta la problematica della falsità in atti, bisogna fare una distinzione tra atto pubblico e scrittura privata.

. L’atto pubblico, ai sensi dell’art. 2699 c.c., è il documento redatto, con le apposite formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede e fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da esso compiuti.

La normativa in materia di falso prende in considerazione anche le copie autentiche di atti pubblici e privati. La copia consiste nella riproduzione fedele di un documento, effettuata con qualsiasi mezzo, anche meccanico, ed è autentica se rilasciata da un pubblico ufficiale che ne garantisce la conformità all’originale (ad esempio, copie di sentenze rilasciate dal Cancelliere). Alcuni atti, pur non provenendo da un pubblico ufficiale, hanno la medesima importanza, pensiamo al testamento olografo o a una cambiale.

. La scrittura privata si desume per esclusione da quella di atto pubblico. Possiamo considerare tale ogni documento che non presenti le caratteristiche dell’atto pubblico e, quindi, non solo il documento formato da un soggetto privato, ma anche quello redatto da un pubblico ufficiale o da un pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio al dì fuori dell’esercizio delle sue funzioni o attribuzioni.

Sul punto è bene ricordare come la L. 23 dicembre 1993, n. 547, contenente “modifiche ed integrazioni alle norme del codice penale in tema di criminalità informatica”, abbia esteso l’ambito di applicazione della normativa in tema di falsità documentali anche ai documenti informatici, mediante l’introduzione dell’art. 491 bis c.p., ai sensi del quale, per documento informatico si intende qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificamente destinati ad elaborarli. In seguito, per effetto della L. 18 marzo 2008, n. 48, tale ultimo inciso è stato eliminato e sono state inserite le parole “aventi efficacia probatoria” dopo “documento informatico pubblico o privato”.

Alcune fattispecie di falso documentale del pubblico ufficiale

-La falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti è disciplinata dall’art. 476 c.p. che punisce il pubblico ufficiale il quale, nell’esercizio delle sue funzioni, formi, in tutto o in parte, un atto falso o alteri un atto vero. La formazione è totale quando ha ad oggetto l’atto nella sua interezza, mentre è parziale se ad una parte genuina di documento ne viene aggiunta illegalmente un’altra. Con il termine alterare si intende la modificazione di un documento preesistente genuino mediante l’aggiunta, la soppressione o la sostituzione di alcune sue parti.

In tema di falsità materiale, l’espressione “esercizio delle sue funzioni”, cui il legislatore fa ricorso per sanzionare più severamente il falso commesso dal pubblico ufficiale, deve riferirsi all’ambito di competenza funzionale dello stesso.

-La falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici è disciplinata dall’art. 479 c.p. che  punisce il pubblico ufficiale il quale, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un atto è stato da lui compiuto o avvenuto in sua presenza, attesta come da lui ricevute dichiarazioni al medesimo non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. Si tratta di un atto genuino ma non veridico, in quanto contenente dichiarazioni non conformi al vero.

A differenza delle ipotesi già esaminate di falsità materiale, il pubblico ufficiale agisce in presenza delle condizioni che lo legittimano ad un esercizio attuale del potere documentale, ma egli fa un cattivo uso di tale potere, nella misura in cui appunto contravviene all’obbligo di attestare il vero.

Falsità materiale e ideologica commessa dal privato in atto pubblico (artt. 482 e 483 c.p.)

L’art. 482 c.p. incrimina il falso materiale commesso dal privato o dal pubblico ufficiale, fuori dell’esercizio delle funzioni, in certificati o autorizzazioni amministrative e in copie o attestati.

Il pubblico ufficiale deve agire al di fuori della propria competenza funzionale, come nel caso del consigliere comunale che rilascia una concessione edilizia di competenza del sindaco.

L’art. 483 c.p. prevede la punibilità di chiunque attesti falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.

Falsità materiale in scrittura privata (art. 485 c.p.)

Il reato viene compiuto da chi, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, formi, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o alteri una scrittura privata vera, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso.

La norma, quindi, contempla due differenti tipologie di condotta: in primo luogo, infatti, si prende in considerazione la contraffazione del documento, ovvero la creazione di un atto che non proviene dall’autore apparente, mentre per “alterazione”, come già sopra esposto, si intende qualsiasi modificazione non autorizzata che venga introdotta nella scrittura privata.

La seconda condotta consiste nel fare uso o nel lasciare che altri faccia uso del documento contraffatto o alterato. La mera falsificazione è esente da pena, se non si verifica questo ulteriore fatto, che costituisce anche la consumazione della fattispecie, per la quale non è necessario che il reo abbia conseguito i vantaggi che si riprometteva con la condotta.

Falsità in foglio firmato in bianco (artt. 486, 487 e 488 c.p.)

Gli articoli in esame configurano tre differenti ipotesi criminose accomunate dall’oggetto materiale costituito dal foglio firmato in bianco, ovvero il foglio in cui il sottoscrittore ha lasciato uno spazio destinato ad essere riempito (c.d. biancosegno), come nel caso del foglio in bianco recante la sola firma dell’autore. In questi casi il falso attiene alla mancanza di legittimazione alla formazione del documento. Si tratta di una vera falsità e non di un mero abuso di fiducia.

Il primo articolo, in particolare, contempla la falsità in foglio firmato in bianco che abbia ad oggetto un atto formato da un privato, la cui condotta consiste nello scrivere o far scrivere un atto privato diverso da quello cui si riferisce l’obbligo e nel fare uso o nel lasciare che altri faccia uso del foglio illegittimamente riempito.

Il secondo punisce il pubblico ufficiale che, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso in ragione del suo ufficio e per un titolo che importa l’obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere un atto pubblico diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato. Il possesso del foglio da parte del soggetto attivo deve trovare giustificazione in una ragione d’ufficio.

Con il terzo si puniscono le altre falsità in foglio firmato in bianco, ovvero l’abuso nel completare un documento in bianco illegittimamente posseduto o posseduto legittimamente ma senza il titolo per riempirlo.

Uso di atto falso

Ai sensi dell’art. 489 c.p., si punisce la condotta di chiunque, senza essere concorso nella falsità, faccia uso di un atto falso. Se si tratta di uso di scrittura privata, il secondo comma dispone che il soggetto agente possa essere perseguito penalmente solo se abbia agito al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare un danno.

Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull’identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 bis c.p.)

La norma, inserita dalla L. 18 marzo 2008, n. 48, sanziona chiunque dichiara o attesta falsamente al soggetto che presta servizi di certificazione delle firme elettroniche, l’identità o lo stato o altre qualità della propria o altrui persona. Strumenti destinati alla pubblica autenticazione o certificazione sono i mezzi meccanici, diversi dai sigilli, diretti alla autenticazione o certificazione, destinati all’esercizio di una determinata attività pubblicistica (es. timbro dell’ufficio postale).

Caso particolare

La falsità della firma può essere rilevata anche in sede civile.

E’ ciò che è successo in seguito ad un’opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di un noto istituto bancario, in virtù di una fideiussione che sarebbe stata sottoscritta da una anziana signora di ottant’anni.

Il caso risale al 2012. La banca, asserendo di essere creditrice di una cospicua somma nei confronti di un’impresa ( con la quale era intercorso un rapporto di apertura di credito in conto corrente) e sostenendo che, a garanzia delle relative obbligazioni, fosse stata sottoscritta fideiussione dal socio amministratore nonché dalla moglie, otteneva l’emissione del decreto ingiuntivo con clausola di provvisoria esecutorietà. Al decreto proponeva opposizione la fideiubente (cioè il presunto obbligato) che disconosceva l’autenticità della firma solo apparentemente a lei riconducibile. Il Tribunale di Milano con sentenza n. 6155/2015, dopo aver accertata, con un’approfondita consulenza tecnica grafologica, la falsità della firma che risultava apposta su un modulo di fideiussione, revocava il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che era stato ottenuto, in virtù del suddetto modulo. Alla base della sentenza, il Giudice ha posto le risultanze della consulenza tecnica grafologica, essenziale in casi simili.

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In tutti i processi di falso, l’attività del perito grafico, ctu, ctp, grafologo, diventa dunque indispensabile in quanto traduce al Giudice tutti quei dati specifici e specialistici di una scrittura che solo lo specialista può capire e la rilevanza del suo intervento nei processi è stata più volte evidenziata dalla giurisprudenza di merito e della Corte di Cassazione. Uno dei quesiti che con maggiore frequenza vengono posti al grafologo giudiziario è quello di accertare l’autografia o l’apocrifia di una firma, posta ad esempio su un assegno, una cambiale, una quietanza di pagamento o un atto fideiussorio. In questo caso, il perito deve analizzare una serie specifica di caratteristiche grafiche, tenendo anche in considerazione che nella firma, ancor più che nella scrittura, l’individualità dello scrivente si rileva in maniera più evidente.

La perizia rappresenta dunque uno strumento di grande aiuto per il giudice ed è indispensabile per una valutazione dei documenti per cui sarà fondamentale che sia basata sull’esperienza e sulla conoscenza del perito e sulla quantità e la qualità del materiale disponibile per l’analisi.

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dott.ssa Roberta Cresto Gambarova, Perito Grafologo ai sensi della legge n°4/2013, Consulente Tecnico d’Ufficio C.T.U. n. 11691 e Perito Penale n. 778 presso il Tribunale di Milano.